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Quella partizione dell'ordinamento giuridico che, con qualche approssimazione, si suole definire "diritto sanitario" (inteso sia come diritto della persona sul proprio corpo, sia come disciplina dell'organizzazione pubblica dedicata alla salute) ha conosciuto negli ultimi anni uno sviluppo incessante, che contrasta con la sostanziale indifferenza che il diritto, soprattutto il diritto civile, gli aveva riservato per lunghi secoli. Lo sviluppo della medicina, la consapevolezza dei diritti legati all'identità sessuale, una meno fatalistica e rassegnata accettazione della sofferenza e della morte rispetto al passato, il tramonto di una sensibilità trascendente, hanno portato con sé una maggiore attenzione alla materia, anche se il diritto, nel suo complesso, avvertiva tali problemi come distanti. Tuttavia l'ordinamento italiano, già dagli anni Settanta, aveva favorito una legislazione a favore della disabilità, della parità di genere, della cultura della donazione di organi, della prevenzione dal pericolo. Il diritto ad una completa e gratuita tutela sanitaria estesa a tutti, e non soltanto ai cittadini italiani, insieme ad una maggiore sensibilità in ordine alla qualità dei servizi sanitari, ha ulteriormente accentuato l'interesse per tali aspetti, contrastando l'attuale tendenza ad una rigida diminuzione della spesa sanitaria.