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Il racconto mitico affiora come da un abissale caos; è da qui che si stagliano singole realtà figurali che possono essere accostate e concatenate fingendovi una sequenza. Esso esibisce un dinamismo che si ritrova al fondo dei processi del pensiero e si presenta come la primordiale voce della ragione che risuona ancora in molte attività mentali e culturali; è quel pensiero sporco e fittamente nebuloso dal quale la ragione si è astratta, operando definizioni e individuando nessi da imporre alle cose, ma dal cui originario legame continuamente trae energia di forme e significati. Ora, se tutto questo è accolto e se è dunque possibile considerare il mito la remota ma vivente radice della ragione affiorante dall'inesplicabile, allora è legittimo interrogare il mitologema prometeico - come ogni altro mitologema - per vedere se la sua narrazione abbia soltanto una funzione eziologica (o meglio giustificativa e fondativa) oppure se presenti anche un problema più essenziale, fattosi avanti e balenato sotto forma d'immagine: occorre vedere cioè se quella narrazione abbia configurato una questione assoluta, di natura ontologica.