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Il racconto di Michele Stuppiello possiede diverse chiavi di lettura. Pone l'attenzione su un futuro tragicamente possibile ed una struttura sociale prossima, non dissimile da quello che gli attuali meccanismi stanno lentamente costruendo: grandi gabbie per umani, confortevoli e sicure trappole per il controllo. La figura dell'antroposauro suona come un richiamo dal passato, uno sguardo a quel mondo interiore proibito, conservato nella bolla della memoria genetica in tutta la sua perfezione e mai dimenticato realmente. Così nel romanzo, uomini di scienza, ne sono inizialmente rapiti con terrore ma alla fine, scelgono di portare con sé "il pericolo ancestrale" nel loro Nuovo mondo. Dyno è un nome buffo, banale e scontato, perché nel Nuovo mondo dello scientismo la sapienza ha poco valore, eppure in lui si nasconde quella forza che nessuno può fermare. La tanto temuta "infezione" era lì e camminava fra gli uomini. Non erano riusciti a bloccare l'unica malattia che stavano cercando di prevenire attraverso controllo, paura e menzogna: la conoscenza. L'obbiettivo è riconoscere noi stessi come "Messia".