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Vittorio era, per sua natura, un cavallo vincente, con una marcia in più rispetto agli amici di sempre - Ninò, Andrea, Ennio ed Emiddio - che nell'ottobre del 1960 lo accompagnarono alla stazione di Salerno, con 30.000 lire in tasca prestate dal padre e restituite sei mesi dopo. Il viaggio durò un giorno e mezzo, e Parigi, con i suoi monumenti, i suoi sguardi, i suoi odori e sapori, gli apparve immediatamente una metropoli unica e amica. Le prime esperienze parigine combaciarono con l'odissea di ogni emigrante alla ricerca di un lavoro e di una stabilità. Per Vittorio l'ansia della precarietà s'intrecciò con la crisi familiare, la separazione e il divorzio, ma ogni ostacolo fu affrontato con la disponibilità laboriosa di un ragazzo serio, caparbio e simpatico, tutto casa e lavoro, sempre ottimista e propositivo. Soprattutto affidabile: pagamenti puntuali, mai un debito, sempre fede alla parola data. Prima fece il sarto in una casa di confezioni, poi il magazziniere nel negozio del suocero che vendeva roba a buon mercato, quindi il cameriere in un bar a luci rosse, poi il venditore di tessuti in un angolo del negozio del suocero, poi ancora, il venditore di stoffe. Contributi di Assunta Vanacore.