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Non a caso questa raccolta di testi ibridi di Antonio Prenna, tra poesia e racconto brevissimo, si apre con una lettera di Prenna Antonio. Così si firmava nel 1946 il nonno dell'autore, in una lettera indirizzata ai parenti rimasti in Argentina o nati là, utilizzando una sorta di scrittura orale, ricca di calore e immediatezza, per raccontare il passaggio della Seconda Guerra Mondiale a Macerata. Il nonno di Antonio chiama "polverone" gli effetti del "bombardamento" della città marchigiana, una parola che evoca Tonino Guerra con cui l'autore ha lavorato per realizzare poetici piccoli film televisivi. È come un cerchio che si chiude nell'avvicendarsi delle generazioni. Uomini con lo stesso nome, da fine Ottocento al Terzo Millennio, usano la parola scritta per rendere vivo il racconto del presente. Così sono i testi di queste piante carnivore. Ci si accomoda in salotto, si leggono le minute vicende quotidiane raccontate come ascoltando una radio in sottofondo, fino al delirio del poema che chiude la raccolta, dove l'ignoto divora le parole stesse. Trasfigurandole. Sovrapponendosi in una miscela di suoni, parodia delle Centurie di Nostradamus. Nessuna profezia però e nessun messaggio nello stile discorsivo. I rimandi sono numerosi sottotraccia, al lettore l'onere di divertirsi in salotto, naturalmente con un occhio sempre vigile rivolto alle piante.