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Quali esitazioni, quali entusiasmi animano l'attesa sulla soglia, subito prima della partenza per un viaggio a lungo agognato e meticolosamente organizzato? Un viaggio da Trento all'Ararat, tutto via terra e con mezzi pubblici, attraverso i Balcani, l'Anatolia, il Caucaso, il Kurdistan. Tra la gente, tra la polvere. Ma il viaggio comincia già dall'osservazione della topografia storica e dagli incontri che si possono compiere per le vie della propria città - tra le quali s'insinua, assieme agli echi delle guerre in atto, un'irrequietudine che getta un'ombra anche sulla quotidianità più ordinaria. La soglia da attraversare è allora quel «confine che come una cicatrice ti porti sulla pelle»: non una via di fuga, ma un varco che permette di uscire dal proprio spaesamento e dalla propria inadeguatezza alla vita, per cercare una consapevolezza più acuta e una più concreta esperienza del mondo. All'approssimarsi della partenza, in un inverno che si prolunga oltre ogni previsione, si resta così - in attesa sulla soglia, emozionati e interdetti. Quel che ne rimane è un «gesto umile ma civile: / scrivere, cercando di capire».