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"Caratterizza la poesia di Agron Shele, poeta di nazionalità albanese, in questa sua recente produzione, una ritornante invocazione, costume già in passato molto in uso in siti dell'Italia posti al Sud e in altre parti della nostra Europa. L'assiduo ritornello all'inizio d'ogni strofa, rende vivo l'argomento e ferma più costante l'attenzione a quanto il poeta va dicendo, struttura che compone tutta la creativa sua funzione. Con questo ostentato, poetico assillo si allarga e si va poi espandendo l'eloquio, che pare non dar tregua. È come un'attenzione posta a se medesimo da colui che scrive e tenzona con se stesso, per non lasciar sfuggire l'argomento, toccandolo e tenendolo serrato, per non farlo fuggire. Anche qui colpisce la variegata e spaziosa sua visione, la gestione audace di ogni argomento, le visioni che fanno da giusta componente e pure da cornice. Sono queste a volte tra l'onirico e il reale, portatrici di grosse suggestioni dal fascino improvviso che incantano e formano l'immagine e rendono preziosa la teca dei ricordi. A volte sono immagini figlie di speranze, v'è pure l'ombra sospetta di una delusione, ma nei richiami vige uno spirito indomito del poeta con la sua passione, appannaggio di colui che sa vedere e intravedere pure nelle pieghe più minute, ove altri non vanno..." (Ignazio Gaudiosi)