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"Nadia mia, stai sicura che uscirò vittoriosa da questa prova. Più bella non lo so, dipende. I piccoli specchi che ci è permesso di utilizzare riflettono una Louise dall'aria invecchiata e con lo sguardo indurito. Ma questo non ha importanza, lo non riesco a provare odio per chi ci ha fatto tanto male". Quando nel 1942 Louise Jacobson scrisse queste lettere a familiari e compagne di scuola, aveva diciassette anni ed era stata arrestata per aver infranto il regolamento antiebraico. Era reclusa nel campo di concentramento di Drancy e poco dopo sarebbe stata trasferita ad Auschwitz, in un viaggio che resterà senza ritorno. Custodite per decenni dalla sorella Nadia e pubblicate per la prima volta nel 1989, queste lettere sono una testimonianza della vivacità e dell'ottimismo indomito, della delicatezza e dell'attaccamento tutto femminile alle civetterie di un'adolescente piena di vita e di speranza. Come nel "Diario" di Anne Frank, Louise Jacobson parla di deportazione ma anche di affetti e di amori, in un documento tra i più commoventi della letteratura concentrazionaria. Introduzione di Francesca Vitale.