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Non sembra morto, l'uomo ben vestito e calvo appoggiato con la tempia al finestrino del regionale veloce Genova-Milano. In realtà Marco Deovich, stimato professore universitario, ha lasciato la vita terrena molto prima di giungere nella cattedrale metallica della stazione Centrale. Dopo averlo avvelenato, il suo assassino ha percorso tutte e dieci le carrozze del treno scambiando sguardi e parole con diversi compagni di viaggio, e seminando qua e là frammenti di un piano raffazzonato. Incrociando l'anziana e attenta signora Ilde, mamma Paola con la dolce Susanna, un capannello di dietologi in trasferta, un commesso fotografo, un capotreno con le basette scolpite e un ragazzo nero con l'iPod. Occhi buoni per risolvere un delitto all'apparenza facile facile, soprattutto per un poliziotto d'esperienza come Elia Marcenaro. Uno che non sa stare lontano dai guai, il commissario. Perché non era stato pianificato un suo coinvolgimento nel caso Deovich. Anzi, era previsto che per un po' se ne stesse coperto e lontano dai guai nel capoluogo lombardo, in un piccolo appartamento affacciato sull'Hangar Bicocca, con l'unico compito di proteggere la piccola Eleonora Giulia da chi la stava minacciando. Impegno da assolvere in distacco temporaneo presso il commissariato milanese di Garibaldi Venezia. Ma le cose non vanno sempre come dovrebbero, i binari non procedono sempre nella direzione più lineare. E sui treni, a volte, sembra di vedere solo brave persone.