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«Penso che le sofferenze del tempo presente non hanno un valore proporzionato alla gloria che si manifesterà in noi», scrive san Paolo (Rm, 8, 18); «Non sono i nati ad attendere la loro morte, ma i morti [= i "viventi"] ad attendere la loro nascita, ossia il sopraggiungere della terra che salva», scrive Emanuele Severino (Oltrepassare). L'estrema vicinanza - fra cristianesimo e destino - non deve far perdere però di vista la parimenti loro estrema lontananza. Il che significa che il destino "fonda" il Contenuto cristiano ("il più simile" al destino stesso), il quale, sibi relictus, cede al nichilismo. Giacché è contraddizione, ma, al tempo stesso (il più), grande presagio.