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Questo commento di N. Casalini alla 'Lettera a Teodoro, ingegnere, sulla Provvidenza, il Fato e ciò che dipende da noi', scritta da Proclo, il più noto filosofo della 'Scuola di Atene' e ultimo vertice speculativo della filosofia greca (410-483 d. Cr.), è in realtà un discorso per spiriti forti, abituati a rivedere e, se necessario, ad abbattere con coraggio tutti i sommi principi del sapere umano per ristabilire il vero e ricondurre entro più giusti termini il senso da dare alla cosiddetta 'libertà dell'uomo'. Questa, per il giovane Teodoro, ingegnere meccanico, era solo un nome vuoto, che non indicava niente in un mondo da lui immaginato come una gigantesca macchina con ruote a ingranaggio, governata da un Fato ineludibile, anche se provvidenziale. Una opinione, questa, non dissimile da quella che attualmente prevale e che l'anziano filosofo platonico tenta invano di correggere e rettificare ponendo il Dio a principio di tutto, che governa il mondo con la sua Provvidenza, a cui è subordinato lo stesso Fato, che opera nella natura e nell'ordine umano. Dunque, i due contendenti concordano nell'essenziale che tutto ciò che accade è secondo l'ordine della necessità naturale, che per l'uno è 'fatale' e per l'altro 'provvidenziale'. Quindi, per il primo la libertà è un niente. Per il secondo si riduce al minimo denominatore: come libertà nella scelta in ciò che è in noi, perché tutto il resto, che è fuori di noi, non dipende da noi ma da altri, o da cause cosmiche e naturali,