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I ricordi non sbiadiscono mai, si ripresentano anzi con sfumature più o meno diverse tinteggiando le giornate con il calore di uno sguardo, di una stretta di mani, di un sorriso essenziale, autentico. È quanto si condensa nella poesia di Mariateresa Biasion Martinelli: con tonalità leggere e mai banali, con una brillante interiorità, con una voce espressiva fatta di bellezza e di verità. Scorrono con piacevole armonia immagini e palpiti del cuore, ricordando il padre (il rumore dei suoi passi, la sua voce profonda, la sua chiesetta alpina), rivolgendosi al Signore ("scorgo la croce, o Signore. / Quel legno, di salvezza e d'amore"), seguendo il volo delle farfalle, riabitando i sogni di ieri e oggi "non più / vibranti voli di gabbiano"... Un inseguirsi di pensieri che evidenzia il nitore del suo io e che dimostra il perché "soltanto i poeti / non sanno scrivere / la parola fine". Una poesia, dunque, che è un dialogo serio con le parole, un documento quasi a livello esistenziale o, se preferiamo, una simpatica avventura, sofferta probabilmente ma che sottolinea la precarietà e gli interrogativi di tutti noi.