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"In tempo di guerra la Storia non fa troppe storie e lascia molte scorie. Il Califfato pan-islamico salafita e jihdaista ha investito Palmira ed ha lasciato un segno rovinoso sui monumenti della città, tra i meglio preservati, con Efeso e Pompei, dell'antichità greco-romana. Le immagini ricorsive di distruzioni urbane e di esecuzioni capitali hanno invaso la mediasfera e si sono aggiunte all'agenda dei nostri spaventi. Dissipato il fumo delle esplosioni che hanno parzialmente distrutto i templi di Baalshamin e quello di Bel, non si è dissolta la caligine di una guerra politica e confessionale la cui prima vittima è la verità. Nonostante l'overdose spettacolare di crolli e di truculente uccisioni, non è facile orientarsi nei cantieri del senso tra omissioni politiche ed eufemismi religiosamente corretti. Con gli occhi velati dal lutto culturale (un 'crimine intollerabile contro la civiltà', I. Bokova, Unesco) è arduo vagliare le affermazioni dogmatiche, le intimidazioni tattiche, le citazioni e le provocazioni". (Paolo Fabbri)