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Aveva solo ventitré anni, Valeria Messalina, quando morì pugnalata dai sicari imperiali. Per sette anni era stata la donna più invidiata e ammirata di Roma: da quando suo marito, il cinquantenne Claudio, era succeduto a Caligola sul trono imperiale. In quel periodo, a detta delle principali fonti letterarie, si era macchiata di così tanti crimini e perversioni che il suo nome divenne nei secoli sinonimo di scelleratezza: Messalina era stata più lasciva di Cleopatra, più dissoluta di Poppea, più intrigante di Agrippina. Ma queste accuse corrispondono alla verità? O forse la damnatio memoriae a cui la condannò il Senato rese più facile attribuirle delitti che non aveva commesso? In un vivido affresco della vita di corte nella Roma del primo secolo dopo Cristo, questo libro analizza da ogni punto di vista le audaci trasgressioni dell'imperatrice, ripercorrendo le sue vicende attraverso le pagine degli storici antichi, mettendole a confronto e rilevando dove sono contraddittorie o ambigue. Si delinea così un ritratto di Messalina senza pregiudizi, che raccoglie le poche tracce rimaste di lei, scavando nei retroscena della Storia.