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Ogni genere a cui l'identità si appella per indicare l'appartenenza comunitaria, etnica, sessuale, nazionale, di credo, di ruolo, di mestiere, di stato sociale è in opposizione a un altro genere: bianco/nero; uomo/donna; comunitario/extracomunitario; connazionale/straniero; professore/studente... Il genere, come ogni insieme, uniforma indifferentemente, cancella le differenze tra coloro che ne fanno parte, e implica l'opposizione altrettanto indifferente con coloro che fanno parte del genere opposto, che gli è necessario per affermare la propria specificità. Il sostantivo "uniforme" appartiene al linguaggio militare, come "generale" o "ufficiale": ogni genere, che ogni identità presuppone, in quanto basato sull'indifferenza e sull'opposizione, è messa in uniforme, è arruolamento, prevede il conflitto. Ogni differenza-identità, ogni differenza di genere, al suo interno, è cancellazione della differenza singolare. Ma esiste una differenza non indifferente, non oppositiva? Sì, è la differenza singolare, fuori identità, fuori genere, sui generis, non intercambiabile. È l'alterità di ciascuno, non quella nella relazione con altro, che è relativa, bensì quella che è la relazione con l'altro, alterità assoluta, di unico a unico, in cui ciascuno è insostituibile e non indifferente. Un'alterità che l'identità rimuove e censura, relega nel privato, ma che ciascuno vive e riconosce come vera relazione con l'altro.