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Con la semplicità che è solo dei grandi, uno dei maestri controversi del Novecento, Martin Heidegger, in un suo breve saggio, affronta il tema del ruolo della poesia nell'età della tecnica. La sua domanda è disarmante: "Perché i poeti?". Loro si pongono come pensatori e in certo qual modo come anticipatori di una forma di percezione del vero. E da percettori di nuova sensatezza, rischiano l'isolamento e il suo rovescio: la formazione di un universo distanziato disposto dalla soggettività soverchiante. Quotidianamente siamo tempestati da cosiddetti "nuovi poeti metropolitani" che a ritmo incalzante, ci dicono quel che è vero, quel che è fortemente percepito, quel che è. Andrea Lepone si pone in converso a questa tendenza. La sua potremmo definirla una nuova tendenza sensistica dove l'indicazione di percezioni semplici, di luoghi e stati dimensionali del sentire, hanno l'impudicizia di rilevare la verità del suo animo.