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«L'Inferno sono gli altri» scriveva Jean Paul Sartre. Perché negli occhi degli altri si vede la propria immagine riflessa, si scorgono ferite che non si vorrebbe vedere, si è costretti a riconoscere, nel proprio stare al mondo, l'inadeguatezza, l'imbarazzo di vivere, le pose grottesche di un attore involontario. La bellezza di Guillaume D. ha una ferita da cui è difficile distogliere lo sguardo: è il suo cognome, quello di un padre famoso, icona del cinema francese e mondiale, immagine insuperabile di forza, di successo, di virilità. Guillaume è un poeta. È un uomo generoso, sensibile, delicato; è diverso dal padre, ma la sua somiglianza con lui lo condanna a fuggire da se stesso, dal suo corpo che lo accusa, e che diventa perciò oggetto di martirio. Guillaume si perde e si ritrova, cerca aiuto nel vino, nella droga, sempre alla ricerca del dolore, della perdita di sé, di una semplicità di sguardo che è la sua. In un romanzo dalle forti componenti autobiografiche, l'artista Francesca Dosi ci racconta del suo rapporto con Guillaume Depardieu, dell'affinità elettiva che ha legato i loro percorsi artistici, della giovane promessa di un amore.