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Alle ore 10:00 del 14 marzo 1962, mentre viaggia da Casablanca a Venezia, l'Hedia comunica la posizione e annuncia un cambio di rotta per il mare forza otto: ma solo il giorno 20, e dopo vane ricerche, la nave è dichiarata persa con l'intero equipaggio. Da subito in quel naufragio senza SOS, relitti, cadaveri, chiazze di nafta e con qualche giornale che scrive di siluri magnetici e armi destinate alla guerra in Algeria, si nota qualcosa di strano. E quando a settembre, nella foto di prigionieri rilasciati ad Algeri i parenti degli scomparsi riconoscono cinque loro cari, lo strano si trasforma in inquietante. Tuttavia, solo col passare del tempo verranno fuori trame da quasi giallo dagli intriganti tocchi di fantapolitica, tra servizi segreti, verità negate, assurdi dinieghi, fake news ufficiali, depistaggi insistiti, insabbiamenti di stato e spudorate montature; da troppi temuti come un mortale virus carico di tutta la crudele arroganza del potere. L'autore ha aperto il vaso di Pandora che custodiva la fine dell'Hedia con l'aiuto di un nipote testardo, le lettere originali e una creativa acribia nell'analisi dei dati noti: cercando, con rigore, nuovi nessi, ponti e strade per basarvi logica e credibilità delle sei ipotesi proposte. Il vaso non può essere più richiuso, com'è giusto e come imposto dall'inviolabile diritto al ricordo, rubato ai venti morti dell'Hedia e alla loro brutta storia dimenticata. Diritto rubato da altri uomini: non dagli anni, come hanno sempre cercato di farci credere.