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Si può rantolare nel buio anche a quasi sessant'anni. Giona T., di ceppo ebraico, regista cinematografico ormai in evidente declino, e di origini molto umili, lo sa bene. Anima sola, inquieta e preda di vizi, il protagonista, nonostante un passato di scalate e impedimenti degnamente valicati, vive nel torpore di ricordi che si affievoliscono nella solitudine e in una ricchezza ormai vittima dei lustri del passato. L'irriverenza, la maleducazione dei pensieri, la spietata villania dell'autocritica e della critica nei confronti del Dio che ha imparato a conoscere grazie a suo padre, ma anche le strade di Roma, il suo cuore, quel ghetto ricco di bellezza e nefandezza, e poi New York, le intercapedini, le luci perennemente accese di un mondo contemporaneo che abbaglia per nascondere il marcio, tutto questo è per Giona il motivo reale per cui vivere ancora.