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"Il mare non si mangia" (dopo "Occhi gettati", "Gli anni piccoli" e "Tempo che fu di Scioscia") è il quarto volume di racconti scritto da Enzo Moscato. Dimensione simmetricamente parallela e riflettente quella dell'universo del teatro per cui il nome dell'autore è noto, la scrittura del racconto (il cui nucleo ispirativo è - ancora una volta, coi suoi infiniti tentacoli - la città di Napoli) s'avventura, in questo libro, a esplorare territori e umanità di un tempo (e di uno spazio) nemmeno "biograficamente" conosciuti dall'autore, ma solo ricevuti (siamo in pieni anni '40 del Novecento) quale singolare lascito testimoniale dall'affascinante collettiva altrui affabulazione (nonni, genitori, svariato parentame, semplice gente del vicolo e del quartiere). Un "altrui" e un'"alterità" che, però, attraverso il potente e creativo strumento della fantasia, diventa proprietà e inalienabilità di soggettivissima parola. La parola di chi ricorda e riporta, dalla nuda voce alla pagina (così facendola ritornare - da morta o passata - a viva ed attuale), l'atroce e/o esilarante Storia, a suo tempo, cioè in lontani "anni piccoli", ascoltata.