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Silenzio e solitudine, dunque, come stigmate elitarie del suo essere al mondo, del suo esserci (in senso heideggeriano). Ecco, la poesia di Coci sembra nascere proprio dalla volontà di vincere silenzio e solitudine per non lasciarsi sopraffare dal frastuono di fondo, dalle "orde dei barbari[che] catturano / il suo silenzio". E dal dissidio tra silenzio e barbarie maturala condizione cognitivo-esistenziale del poeta, racchiusa nell'auto-confessione di uno "smarrimento sconfinato", donde l'altra parola-emblema, o connotatore metaforico, del mondo interiore di Coci, che è "nebbia" (e difatti: "la mia anima è impregnata di nebbia"). E allora, se tutto ciò quadra, noi potremo cogliere qui il primum di questo poeta, per il quale l'unica zattera di salvataggio e forse pure di ri-orientamento mondano risiede proprio nelle sue parole poetiche, e dunque, infine, in una ancora vagheggiata funzione salvifica della poesia.