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Nel 1893, quando gli iscritti al Partito socialista si contano in alcune decine di migliaia, in Sicilia ha luogo un'imponente quanto tumultuosa crescita delle organizzazioni legate ai Fasci dei Lavoratori che, a fine anno, giunsero - si disse allora - ad avere 300.000 aderenti, dando vita forse al "più grande movimento popolare del XIX secolo in Europa dopo la Comune", sostennero alcuni, che impressionò i contemporanei e che ha lasciato tracce non trascurabili in Sicilia e nell'intero Paese. Nella Sicilia interna, un'"isola nell'isola", connotata dal latifondo e dalle miniere di zolfo, nella quale operano coraggiosi dirigenti, che devono far fronte all'offensiva mafiosa e padronale anche mediante un'azione pedagogica sui lavoratori. L'incontro tra le masse popolari locali e il socialismo che si verificava in quei mesi nell'isola fu però interrotto sul nascere dal precipitare degli avvenimenti. La nuova società - quella che un poeta popolare dell'epoca chiamava "il meglio tempo" - precipitava nel primitivismo e negli scontri di strada, diventando una lontana prospettiva. E la frattura tra le due Italie veniva ulteriormente accentuata. Prefazione di Fausto Carmelo Nigrelli. Con testi di Francesco Renda e Giuseppe Giarrizzo.