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Tra Cinquecento e Ottocento, nei Domini di Terraferma della Repubblica di Venezia, si sviluppa una nuova tipologia di architettura rurale: la villa veneta. Quest'ultima, nata per soddisfare le esigenze legate al lavoro agricolo, diventa ben presto anche emblema dello status economico e sociale dell'aristocrazia, nonché luogo deputato alla coltivazione di passioni culturali. Ingenti quantità di denaro vengono investite dalla nobiltà per la costruzione della villa di famiglia, spesso utilizzata come residenza estiva e, talvolta, per stabilire la propria supremazia attraverso lo sfoggio di preziose decorazioni, suppellettili, arredamenti e ricchezze di qualsiasi genere. La villa esprime il desiderio del patriziato veneto di un ritorno alle origini, spostandosi dalla laguna, centro nevralgico del potere veneziano, alla terraferma. Gli stucchi, gli affreschi e le opere d'arte del corpo centrale di rappresentanza, detto "casa dominicale", coesistono con le strutture destinate alle funzioni produttive della tenuta agricola, come barchesse e stalle. Il modello della villa veneta rispecchia nel proprio sviluppo architettonico il legame instauratosi tra Venezia e la realtà più intima dello Stato da Tera, scenario che accoglie tra i tanti artisti la figura di Andrea Palladio, tra i più famosi architetti in grado di soddisfare le esigenze dei committenti e, al contempo, di catturare il genius loci dell'ambiente.