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I quattro scrittori presi in esame, molto diversi fra loro, sono accomunati dall'inesausta ricerca di un indizio che permetta di non smarrirsi nel labirinto. Li unisce infatti una condizione di separatezza e di prigionia, che non necessariamente coincide con i muri di una cella ma che, pur sempre, si configura quale esperienza limite per un io che nella scrittura trova il modo per dare espressione a tale separatezza e contemporaneamente per mantenere vivo il rapporto - alle volte deformato, altre illusorio - con gli altri. Le loro opere diventano così il luogo dove poter sperimentare nuove forme di scrittura capaci di esprimere se stessi e il mondo, dove è consentito all'io prigioniero, per poter sopravvivere, dire di sé e tenere saldamente il filo che ancora lo lega a ciò che è stato, come a ciò che spera e vuole essere, ma soprattutto per imparare a conoscere la propria prigione.