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Le teorie liberali che si interfacciano con la questione della legittimità dell'autorità e delle decisioni politiche devono affrontare quello che John Rawls definì il "fatto del pluralismo". Un contesto istituzionale democratico che rispetti fino in fondo l'eguaglianza e l'autonomia agenziale dei membri del demos, infatti, condurrà inevitabilmente a un ampio pluralismo valoriale e a disaccordi profondi tra agenti. Ne consegue che un adeguato modello democratico e liberale per la legittimità delle scelte collettive deve essere in grado di strutturare processi decisionali che garantiscano sia la definitività che la giustificabilità pubblica delle decisioni politiche e, contemporaneamente, non sviliscano le prospettive minoritarie che, considerato l'ampio spettro di disaccordo presente in politica, necessariamente vi saranno. All'interno di questo paradigma teorico, questo libro presenta e discute due linee di ricerca, tra loro interconnesse. La prima si interroga sulla possibilità di fornire adeguati argomenti pubblici per la giustificazione dei principi politici che dovrebbero regolamentare il disegno istituzionale di una società politica. Il secondo versante d'indagine, invece, si preoccupa di stabilire quali processi di decision-making collettivi possano condurre a scelte politiche condivise, nonostante i disaccordi profondi tra cittadini. Nel tentare di sciogliere alcune tensioni intrinseche al modello della legittimità liberale, questo libro promuove un'analisi delle circostanze epistemiche reali giungendo a sviluppare un argomento normativo secondo cui la legittimità democratica dipende, in parte, dalla ascrizione dello status di pari epistemico a ogni membro del demos, indipendentemente dalla valutazione specifica delle competenze intellettuali di ognuno. Il modello della legittimità liberale che ne deriva sostiene che i cittadini coinvolti nei processi di decision-making condividono sia l'autorità epistemica - in quanto pari epistemici - che l'autorità pratica - in quanto co-autori delle scelte collettive.