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Dopo la strage di "Charlie Hebdo" e i video delle esecuzioni di giornalisti occidentali, l'orrore dell'ISIS è entrato nelle nostre case, e la sua "guerra mediatica" ne ingigantisce il pericolo. Questa regia lo distingue da al-Qaeda, tanto che per Ballardini il modo in cui l'ISIS fa propaganda si può considerare l'11 settembre della comunicazione politica. Al nostro etnocentrismo, l'ISIS risponde specularmente, con un Califfato oltre il quale non possono esistere altre culture. Al nostro imperialismo risponde con la globalizzazione dell'Islam. Ai nostri miti contrappone altrettanti miti, opposti e arcaici. In gioco è l'occidentalizzazione del mondo, e per questo il principale campo di battaglia sono i media stessi. Ballardini analizza le ragioni storiche e le tecniche di questa "guerra culturale", e ci costringe a riflettere anche sul nostro modello di pensiero unico, di cui l'ISIS, ci piaccia o no, è figlio, come la stessa Hillary Clinton ha ammesso: "L'ISIS è roba nostra, ma ci è sfuggita di mano".