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La notte del 24 aprile 1915 iniziava l'orrendo sterminio del popolo armeno nei territori dell'Impero ottomano. In un solo mese, più di mille intellettuali (giornalisti, scrittori, poeti, politici) furono deportati verso l'interno dell'Anatolia e massacrati. A costoro si unirono altre centinaia di migliaia di persone uccise con ferocia inaudita. Alla fine gli armeni cristiani "martirizzati" furono circa un milione e mezzo. A distanza di cento anni da quel genocidio parlano da Yerevan gli ultimi sopravvissuti di una tragedia che ancora oggi la Turchia si rifiuta di riconoscere. Oltre alle eccezionali e uniche testimonianze, il libro descrive il terrificante passato facendo i dovuti parallelismi con quanto accade ora in Medio Oriente, in cui il governo di Ankara, ancora oggi, persegue una politica brutale e finanzia movimenti come l'Isis. E così gli eccidi di ieri sono attualizzati dalla incredibile disinvoltura dei vertici dello stato turco che finanziano e foraggiano, sotto gli occhi di tutti, i tagliatori di teste, compresi quelli che massacrano gli armeni di Aleppo e della Siria. Un libro che occorre leggere per non dimenticare e, soprattutto, per non ripetere gli stessi errori.