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Ci sono storie destinate a far parte del vissuto di ciascuno di noi. Ci sono esistenze che finiscono col porre interrogativi anche alle menti più laiche e pragmatiche. Ci sono nomi familiari, dolci, evocativi il cui suono è rifugio dell'anima e conforto della mente, nei momenti di irrequietezza. Nella trilogia a Francesco, l'autrice dosa in maniera mirabile e arguta il linguaggio del racconto, la cronaca di questo nostro tempo, l'effigie di un santo le cui orme sono diventate cammino di questa terra e percorso di fede, per pellegrini erranti. La trilogia partorita dalla giornalista è un viaggio sulle orme di Francesco, un percorso che richiama prepotentemente l'orografia di questa terra, un'esperienza sensoriale che un'immaginaria voce narrante dipana tra mare e terra. E sembra di vederlo proiettato su uno schermo, questo racconto: i disegni dei bambini diventano, d'un tratto scene animate di un cartoon, tra cristalli scintillanti e il luccichio del mare a fare da sfondo alla vita di Hamir, approdato bimbo sulle coste calabresi, diventato adulto nell'affetto della famiglia adottiva. "Non hai un sogno?" chiese l'uomo; il piccolo, i riccioli disordinati sulla fronte, esitò, poi timidamente disse: "Vorrei come il mio amico Francesco di Paola avere tante case; una per la mia famiglia a Bzerta, una per il mio amico Franchino, la sua è piccola, lui è stanco, avrebbe bisogno di più comodità, e poi una grandissima per tutti voi, così da non dovervi stringere per farmi posto".