Tab Article
A 50 anni dalla scomparsa il testamento artistico e umano di Jean Cocteau nell'ultima intervista rilasciata a William Fifield. Realizzata nel 1962, un anno prima della morte del poeta, questa lunga intervista ha il valore e l'intensità di un testamento, esistenziale quanto creativo. Di Jean Cocteau restituisce l'ideale artistico, il gusto per l'immagine spiazzante e la forma stessa del processo mentale, che si svolge, inimitabile e illuminante, nella vivacità della conversazione. Insieme con lo scrittore William Fifield, intervistatore di straordinario talento, Cocteau ripercorre le strade di una carriera proteiforme, guidata dalla fede nella libertà e nella sacralità dell'arte. Tra aneddoti e ricordi, si riflette allora sulla pratica della scrittura, del cinema, del teatro e del disegno, si analizza il rapporto con il pubblico ("che va diretto, e non seguito"), si evocano la profondità delle amicizie, l'intensità degli amori, la distanza, a volte sofferta, dalla politica. Cocteau è poeta anche nel dialogare, e l'intervista vive delle oscillazioni emotive che la modulano, dall'ironia alla commozione fino all'inscindibile intreccio di affetto e giudizio critico nei confronti di grandi come Picasso, Nizinskij o Proust. Su tutto emerge una mistica dell'arte, forza superiore di cui gli artisti, quelli veri, sono la devota manodopera.