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Cesare Pavese. Uno scrittore che ha attraversato le malinconie dell'amore in un vissuto di esistenze e di parole. Lo scrittore che non ha mai creduto nel realismo, e non credendoci, non lo ha mai accettato sia nel linguaggio che nelle forme. La metafora di Leucò è una costante nei suoi scritti. Uno scrittore osteggiato e, anche, temuto perché la sua poesia e il suo romanzo hanno fatto scuola, ovvero hanno creato degli indirizzi letterari, metaforici e linguistici sul filo di una profonda metafisica in linea con la grecità dell'ulissismo e dei simboli. Il racconto di Pavese di Pierfranco Bruni è un percorso in cui gli archetipi della sua infanzia ritornano costantemente a fare luce all'interno della sua inquietudine - foresta. Si racconta degli amori e, in particolare, d Constance Dowling, il suo ultimo amore, che darà i versi di "verrà la morte...". Una originalità straziante che Bruni mette in evidenza attraverso un sostegno mistico e antropologico - umanistico di un Pavese che tenta di percorrere i labirinti dell'anima. Pierfranco Bruni è convinto, e in questo lavoro è sottolineato, che il Novecento letterario, nella sua complessità, si apre con D'Annunzio e si chiude con Pavese. Un viaggio tra l'estetica e il mito in una saggezza tra Mediterranei e Oceani. In questo navigare il linguaggio pavesiano si incontra, soprattutto, la differenza tra il senso di disperazione e di tragico, il cui centro è dato dalla conoscenza profonda di Nietzsche, sul quale Pavese ha dedicato molto suo lavoro. Cesare Pavese era nato a Santo Stefano Belbo il 9 settembre del 1908. Muore, suicida, il 27 agosto del 1950.