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Nella Calabria del secondo dopoguerra, don Orlando - proprietario terriero per eredità e non per vocazione e uomo dalle mille contraddizioni, succube solo della propria immaginazione e dei suoi tormenti - vive in compagnia della domestica, Rosaria, in un'enorme casa vuota in cui riecheggiano i passi di chi vi ha camminato prima di lui: la madre con la sua malinconia e il padre con la sua crudeltà. Don Orlando, oltre alla ricca fortuna e alla sconfinata proprietà, ha però ereditato anche una malattia dai propri genitori: l'ossessione. Il suo male si indirizza così verso la giovinezza di Giulia Bianchino, splendida e ribelle ragazza che lavora nei campi e a cui il padre di don Orlando ha rovinato irrimediabilmente la vita. Giulia Bianchino non accetta le imposizioni della società di cui è prigioniera, vuole la libertà, il diritto di scegliere e di amare. È il pensiero di Giulia il tarlo di Orlando, un tarlo che rosicchia la sua mente e lentamente distrugge il suo corpo, una tortura che logora il suo spirito e la sua carne e lo trasforma continuamente da demonio in angelo custode, da uomo concreto in fantasma di se stesso.