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"Il poeta non può essere solo chi picchia alle porte dei vari perché e del mistero dell'esistenza, ma ha fondati timori scientifici sulla possibilità della prosecuzione della nostra sopravvivenza sul pianeta Terra e della stessa Terra nell'universo, gravemente minata dalla follia degli uomini, con tutti quei problemi, che sarebbe estremamente banale elencare, a cominciare da quello attuale del Coronavirus. Il filosofo Leopardi, a metà '800, non poteva ancor vivere le estreme conseguenze della cieca insania del capitalismo, nemico del mondo, ma non gli sfuggiva l'insania, connaturata alla stessa natura umana, che costruiva case quasi a sfida del formidabil monte (il Vesuvio). Avrebbe voluto che l'uomo ritornasse sui passi di quella razionalità che aveva abbandonato, rigettandosi nelle braccia della fede religiosa e di quella illimitata fiducia nel progresso. Oggi non c'è cosa più avvilente dell'accorgersi, che, nel pieno trionfo della Scienza e della dea Tecnologia, non si riescano ad evitare i danni materiali e morali, che ogni giorno si producono nel mondo, convinti che tutto dipenda da una pura, pervicace volontà dell'uomo che non riesce a vedere al di là del proprio naso". S.N.