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"Ogni società è nata all'interno di un dato modo di produzione, e le peculiarità di questa cornice hanno dato forma al suo particolare spazio. [...] Quale forma hanno assunto la produzione e il controllo dello spazio in relazione ai processi capitalistici? [...] Come possiamo limitare e alla fine sopprimere la proprietà sullo/dello spazio?" In questo libro trova la sua prima formulazione la famosa teoria dello spazio di Lefebvre, il tentativo di introdurre le categorie spaziali nella critica sociale sino ad allora orientata verso le problematiche del "fare storia". Questa sua svolta "geografica", secondo cui il cambiamento sociale può avvenire nello spazio, è innovativa anche per l'introduzione, nelle dialettiche marxiane classiche, di un altro elemento, la Terra, intesa come territorio e problematica agraria. Teorizzando quindi la problematica dello "sviluppo diseguale" nel contesto dei programmi dello sviluppo regionale e della pianificazione spaziale tra gli anni Sessanta e Settanta, Lefebvre porterà avanti la critica spaziale verso nuove dimensioni.