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Filosofo libertario, Don Giovanni romanziere, Premio Nobel di madre analfabeta, attore e drammaturgo militante, calciatore da ragazzo, tifoso da adulto, di sinistra «suo malgrado», moralista senza moralismo, eroe della Resistenza e pacifista convinto, algerino in esilio a Parigi, grande giornalista nonché instancabile polemista, amante della vita libera ma liberamente sottomesso alla disciplina creativa, tubercolotico cronico, avversario dichiarato della pena di morte: Albert Camus è stato questo e ben altro. Ed è stato già detto ampiamente. La bibliografia camusiana è immensa, più di altre le capita di essere di parte, e non sempre benevolmente. Camus è stato e rimane un soggetto «incandescente». Cosa allora aggiungere su chi disse di sé: «Sarò sempre straniero a me stesso»? La grandezza di Camus non si limita soltanto all'attualità della sua opera ma riposa anche sull'esempio della sua vita finita troppo presto nell'incidente più stupido del mondo: lo schianto di una macchina alla luce del giorno lungo una strada dritta, asciutta, deserta.