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Questa è la travolgente storia di un professore di disegno all'Académie des Beaux-Arts di Parigi, che si chiama Joann Sfar e che una mattina all'alba viene svegliato dal direttore dell'Istituto che lo convoca per partecipare a un dibattito pubblico con la ministra della Cultura dedicato alle molestie sessuali. Da questa «pubblica rappresentazione» a uso dei media parte una cavalcata a metà tra romanzo e manuale di storia dell'arte in cui l'autore rivendica con forza la sua idea del disegno e della percezione della realtà, per lanciare i suoi strali quasi céliniani contro il «corretto» e il «conforme». Questo terzo capitolo del romanzo autobiografico dell'autore affronta, fra mille altre cose, una questione cruciale di questa nostra strana epoca, una rivoluzione culturale che ha sconvolto la vita di tutti noi dentro questa era cattiva e che non vuole più essere né disegnata né rappresentata. Il modello dal vero si ribella, esce dal foglio o dalla tela, strappa il pennello dalle mani del pittore e gli dice: è finita per te, caro mio, adesso il mio ritratto me lo faccio da solo.