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Il Maggio francese visto dal di dentro e descritto da uno dei più noti leader di quel Movimento, tratteggiato anche da Bernardo Bertolucci nel suo The Dreamers. Riflettendo su quanto ne rimane, su cosa avrebbe potuto essere, su cosa non è stato. Errori, sogni, speranze, e ancora errori. Senza retoriche, senza rimpianti, senza rancori, senza malinconie, senza nessuno sconto. Il protagonista, alter ego dell'autore, ne parla con Marie, una ragazza giovanissima, figlia di un suo ex compagno e che di quel Maggio ha sentito soltanto un'eco mitizzata e poi successivamente demolita. Percorrendo di notte insieme a lei il boulevard périphérique che circonda e contiene Parigi con tutto il suo passato, tutte quelle vite, tutte quelle storie, il narratore racconta a quella figlia senza più padre il percorso che ha portato alla fine del suo amico e alla fine di quel sogno. E il bilancio di quegli anni di polvere e di sangue si intreccia con la storia del proprio padre, ucciso quasi per errore in Indocina, e con il progetto, vano quanto quello della rivoluzione proletaria, di dare risposte a quel fantasma. Perché quella ricerca di un senso, quell'interrogarsi nel raccontare, finiscono ogni volta per sbattere in faccia al protagonista tutti i dubbi e le incertezze di ciò che è perduto e che non è più.