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Questo saggio, oltre a documentare il ventennio indimenticabile del cinema horror italiano partendo dal 1970 e arrivando al 1990 (con una breve incursione negli anni '50 e '60), vuole anche far assaporare, a chi non l'ha vissuto, la maniacale passione che ha caratterizzato quel periodo. L'avvenimento di andare al cinema, per esempio: sale cinematografiche che ormai sono un lontano ricordo, situate in piccole vie buie, dove l'unica luce proveniva dall'insegna; un piccolo bar in dotazione; e al momento del biglietto la scelta tra platea e gradinata. Anni in cui si andava in edicola e si era sommersi da riviste dedicate al cinema horror come Nosferatu, di fumetti ricchi di citazioni cinematografiche come Dylan Dog, Splatter, Mostri, Bloob, Gore Scanners. Per non parlare della nascita delle videoteche, ormai quasi del tutto scomparse. Il genere horror italiano fece scuola, in quegli anni. Autori come Dario Argento, Mario Bava, Lucio Fulci, Antonio Margheriti, Aristide Massaccesi sono studiati nelle scuole di cinema americane. Registi di fama mondiale come Quentin Tarantino e Tim Burton elencano sempre registi italiani alla base della loro formazione.