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Nel dicembre del 1964 Max Mannheimer deve essere operato alla mascella. L'assistente del medico dimentica per diversi giorni di consegnargli il risultato degli esami e Max si convince di avere un tumore e di essere condannato. Si rende conto di non avere mai parlato alla figlia delle sue esperienze nei campi di concentramento, "per difendere lei e me stesso" e scrive in pochi giorni, di getto, i suoi ricordi. Un mese dopo le dimissioni dall'ospedale, le consegna queste pagine di memorie. Il libro, scritto con il piglio di un diario, racconta di un padre ballerino e di una madre colta, l'ascesa del nazismo, lo spirito dei vent'anni e l'amore che rendono fiduciosi anche davanti alle deportazioni, alla crudeltà della vita del campo. L'umanità si corrompe, ma non viene meno, tenuta in vita dalla coscienza di essere uomini. Instancabile, continua ancora oggi a portare le sue memorie nelle scuole: "Il mio corpo è debole, ma i dettagli di quel tempo spaventoso sono incisi nella mia anima". E ai giovani che lo ascoltano ricorda sempre: "Voi non siete responsabili di quello che è successo, ma è compito vostro far sì che non si ripeta mai più".