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Il volume costituisce una riflessione attorno alle possibilità di ricostruzione dell'identità (Self) de-strutturata dei reclusi, nella cornice di riferimento delle istituzioni totali (il carcere), attraverso i rituali della performance teatrale e ponendo come focus le pratiche del Sé. Attingendo con ricchezza di riferimenti alla letteratura sociologica più consolidata, le "tecnologie del Self" vengono interpretate dall'autrice come condizione essenziale per il recupero della completezza del Sé da parte di chi l'ha perduta a causa degli esiti di de-identificazione tipici dei processi di degradazione, marginalità e stigmatizzazione. Il teatro sociale, con la sua metodologia di azione laboratoriale, relazionale e auto-riflessiva, interviene come un'ipotesi e una pratica da perseguire: contribuendo a restituire ai detenuti una piena identità, e offrendo loro un'opportunità diversa di comprensione della realtà di cui sono parte, significativa anche una volta oltrepassata la soglia.