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Perché Arturo Coiba sia finito a vivere in un lembo della costa ionica calabrese per una di quelle vie storte che ogni tanto prende la vita, e perché in tanti si ostinino a chiamarlo il Puro malgrado condotte e amicizie non esattamente adeguate, restano misteri insondabili le cui vere ragioni sono ormai sbiadite dal tempo. Perché, poi, si sia ritrovato a scalare le gerarchie di un'organizzazione 'ndranghetista, lui estraneo a legami di sangue e parentela, è un fatto che non può ricondursi al caso, ma nemmeno alla sua volontà. Almeno così gli sembra, mentre si inoltra in quel mondo che non sente suo, ma dal quale non riesce a prendere le distanze, riconoscendone i vantaggi che gli sono derivati. Ma anche i legacci che gli serrano i polsi e gli tolgono il respiro. Procede così, l'esistenza di Arturo, fra scelte incompiute, lucide visioni e deboli moti di reazione, intanto che percorre rapidamente i gradi del sodalizio criminale fino a insediarsi ai vertici dell'associazione. Ma è proprio quando è giunto all'apice del potere, che i significati più autentici della vita, che pure non gli si erano mai celati, prendono forma e concretezza restituendogli la pienezza delle sue azioni.