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Se ha ancora corso la formula di Bildungsroman, questo romanzo di Mario Lunetta - a contrasto - potrebbe definirsi "romanzo di deformazione". In effetti il protagonista 'malgré soi' Catullo Marani, che agisce (e soprattutto viene agito in "Scimmie dagli occhi di burro") assiste fin quasi al termine della sua vicenda di perenne sconfitto a un susseguirsi di incubi che ne stravolgono la curva psico-comportamentale fino a farlo sentire un clandestino tra i suoi simili, dentro una totale mancanza di ragioni. La sua vita di seminarista fallito, segnata da un delitto per errore, sembra prendere un minimo di quota grazie al rapporto con l'enigmatico Elpidio Rustico, che gli si presenta come un'ancora di salvezza. Non sarà esattamente così. In breve, Catullo si ritroverà all'interno di un groviglio di menzogne, frustrazioni, equivoci, delusioni, che lo porteranno a un passo dalla fine, in tutti i possibili sensi. Come sempre, questo libro di Lunetta non racconta: costruisce soltanto con stile sarcasticamente decostruttivo frammenti di storie montate al modo di un puzzle stupido o drammatico sul filo del nonsense dell'esistenza. La scrittura guarda se stessa, in una sorta di miroir lacaniano: e, dietro lo specchio, rumoreggia il piccolo e grande caos del mondo.