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Le ricerche condotte da Andrea Emiliani consentono di presentare il dipinto proveniente dalla collezione Martin Castillo (Uruguay) quale opera di Giovan Battista Bolognini, allievo e collaboratore di Guido Reni negli anni che furono della sua "ultima maniera". Della traduzione a stampa realizzata dall'artista giunge notizia dal canonico Malvasia; viceversa, nulla è scritto nelle pagine della Felsina Pittrice riguardo a una replica pittorica di sua mano. Il largo impiego del prezioso blu di lapislazzuli, a definire la dominante cromatica del dipinto, ribadisce l'importanza della commissione; è dunque verosimile che l'artista abbia lavorato sotto l'accurata guida del maestro, assecondandone le direttive. Ricostruire la storia e risalire ai vari passaggi di proprietà del quadro non è impresa semplice, sebbene risulti di notevole interesse la presenza di un sigillo pontificio apposto sulla sua struttura lignea, a indicarne la partenza da Roma in tempi imprecisati. È probabile infatti che si trovasse in Inghilterra già nel XVIII secolo e che fosse lo stesso venduto dagli Essex nel 1777. Un cartellino affisso sul telaio ne riconduce la proprietà a Bertram Ashburnham, che scelse a sua volta di venderlo nel 1850. La menzione di una tela raffigurante il medesimo tema mitologico tra quelle esposte nella dimora inglese di Lord Feversham, classificate dal ricercatore tedesco A.E. Waagen nel 1857, consentirebbe inoltre l'identificazione con lo stesso dipinto venduto alcuni anni prima, seppur l'assenza di indicazioni relative alle misure renda poco agevole la possibilità di esprimersi con certezza.