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La questione del senso della storia divenne inesorabilmente, per Schiller, la domanda sul passaggio dal paganesimo al cristianesimo e sulla verità poetica di tale passaggio. Al fondo di queste poesie filosofiche troviamo perciò una serie di tragici interrogativi: è possibile la poesia in un'età del mondo cristiana? Si rivela ancora la grazia della parola poetica una volta che gli antichi dèi sono fuggiti? E infine: qual è il compito del poeta, in una dimensione storica che si dà a conoscere nell'oscillazione incerta fra presenza e assenza del divino? L'ordine dei problemi che si presenta all'interprete dei componimenti poetici di Schiller qui raccolti è dunque molto complesso, non riconducibile, come talvolta è invece stato fatto, a questioni meramente filologiche o estetico-stilistiche concernenti la "versificazione" di concetti: ben poco risponde a quei tragici interrogativi anche il rinvio all'analisi delle trasformazioni socio-economiche che in quel periodo storico iniziavano ad interessare la Germania. Il rapporto fra gli antichi dèi e il Dio cristiano non è un'idea filosofica che Schiller cerca di volgere in versi, ma uno spazio della verità esistenziale dell'uomo al cui interno la parola poetica può, ovvero anche può non darsi. Il disincanto del mondo, con le sue venature ancora romantiche, si scopre allora accompagnato da un ospite inquietante, il nichilismo.