Tab Article
Secondo alcuni, l'umanità si divide in due grandi classi: i matematici, e quelli che non lo sono. In realtà esiste, pare, anche una terza categoria: quella di coloro che cercano di gettare un ponte tra i due mondi. A quest'ultima classe appartiene Luciano Cresci, autore di questo volume dedicato a un tema che, facili equivoci a parte, sembrerebbe vietato ai più, in una società "umanista" come la nostra, dove citare in un salotto il teorema di Pitagora è quasi una sconvenienza. E la divaricazione avviene soprattutto nei linguaggi: ad esempio, nel linguaggio comune, la curva è... una curva. Cioè quella direzione indicata dai segnali stradali, una linea non rettilinea, che piega a destra o a sinistra senza formare angoli. Per il matematico invece una curva è qualsiasi linea continua, pure se rettilinea o rotta da angoli e cuspidi e, cosa ancora più sconvolgente, può venire rappresentata con un'equazione. Qualità, questa, che la proietta immediatamente in una luce sospetta per la grande tribù dei reduci dal liceo classico. Eppure, come nota giustamente Cresci, i problemi e l'esplorazione delle curve (geometriche) attraversano tutta la storia del pensiero, non solo matematico, e sono uno dei fondamenti della risoluzione non soltanto di questioni geometriche e pratiche, ma anche del pensiero speculativo. Un libro che propone un antidoto al pigro sedimentarsi di opinioni già fatte, di ragionamenti scontati e rinchiusi nell'armadio della memoria, alla tetra oppressione dei luoghi comuni.