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Nella seconda metà del Settecento una monumentale opera d'arte legata alla pietà religiosa veniva eretta, con sacrifici e conflitti, in un piccolo paese della Val Camonica, da un importante artista, Beniamino Simoni, con la passionale partecipazione della popolazione; l'opera s'inseriva nel vissuto locale, segnato da drammatiche linee di frattura sociale, religiosa e politica, con una profonda azione performativa. Ai nostri giorni tale opera è al centro di una sacra rappresentazione, che si tiene ogni dieci anni, vissuta con totalizzante passione, che modella la vita collettiva e contribuisce a disegnare la trama delle relazioni tra microcontesto e dimensione globale. La ricerca qui presentata tenta di fare i conti con il coacervo di saperi, memorie, credenze, pratiche, politiche che consentono oggi all'opera d'arte di ieri di svolgere la sua funzione. Un oggetto antropologicamente nuovo e inquietante così si delinea, costruito su narrazioni composite e tropi difformi, costituito dall'opera d'arte del passato, con il suo contorno dialettico e conflittuale, e dalla sua riattualizzazione rituale; questo oggetto pone con forza numerosi quesiti antropologici circa l'autonomia simbolica e sociale dei sistemi d'immagine e rappresentazione e circa la funzione del tempo nel plasmare i processi di elaborazione culturale.