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Giovanni Giudici è noto al pubblico soprattutto per la sua opera poetica. Ma ricco e intenso è anche il lavoro in prosa che conduce lungo i decenni del Novecento, e che affronta una grande varietà di generi, dalla riflessione teorica sulla letteratura alla critica militante, dalla narrazione breve all'osservazione dei comportamenti e dei costumi del proprio tempo. "Andare in Cina a piedi" esce nel 1992 presso le Edizioni e/o, con l'intento esplicito di dare forma a un libro sulla poesia. Un libro che vuole circoscrivere un ambito preciso, e che della pratica poetica considera dinamicamente le azioni costitutive: l'ipotesi inventiva dell'autore, la risposta collaborativa del lettore, il ruolo creativo della lingua. Una raccolta di saggi che si inoltra nell'officina della poesia, e indaga i suoi strumenti, nel tentativo di rivendicare un ruolo, quello della poesia appunto, di cui la società contemporanea sembra avere decretato l'inutilità. Un libro ormai introvabile, di cui era giusto e necessario proporre una nuova edizione.