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Mentre le Madri del Faust di Goethe sono auguste dee assise in trono, isolate e silenziose, che mettono tutti a disagio, le madri di questo volume sono modeste e anonime figure femminili, che con semplice atteggiamento "materno" reggono tra le braccia un bambino, talora allattandolo. Potrebbero essere dee, ma potrebbero anche non esserlo. E l'isola in questione è la Sicilia, terra da cui provengono numerose raffigurazioni di queste madri e che è peraltro, per eccellenza, terra di dee, di madri, di sante. La straordinaria abbondanza (e continuità, e omogeneità) di statuine raffiguranti donne che allattano e la convenzionale peculiarità di un'isola connessa profondamente con il divino femminile costituiscono i punti di partenza per apparentemente divaganti itinerari archeologici, storici e storico-religiosi. Ma essi finiscono per convergere intorno all'ipotesi dell'esistenza sull'isola di culti rivolti a dee curotrofe (connesse genericamente con aspetti della maternità) e ctonie (legate al mondo dei morti e alla terra, intesa insieme come fonte di vita e luogo di morte). Le origini più remote e le caratteristiche più tipiche di queste divinità femminili, che da un certo momento assumeranno nomi greci (tra cui Demetra e Kore), vanno verosimilmente cercate nel mondo indigeno, ma senza escludere apporti provenienti dal Vicino Oriente antico.