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«In bilico tra V. Magrelli e L. Erba, Baroni osserva la realtà con occhio da vedetta e lo sguardo restituisce quadri di vita mai scontati o dati per certi. C'è un' ironia di fondo che agisce in profondità e opacizza il fare umano e cerca una parola definitiva, un lasciapassare, con cui restituire un intero a tante situazioni frammentarie, senza sbocco. Poesia arguta fatta di scatti cerebrali, ipotesi, situazioni limite (l'uscio, la frontiera, le zone franche): qui l'uomo si trova di fronte a uno specchio e dubita di sé. È nella terra di nessuno che si svolge la storia e la scommessa è quella di trovare un confine. Ne deriva una situazione metafisica dove resistere con mandel'stamniano rigore. Lo stile, nitido, dà unità ad un lavoro serio e originale. Il poeta emerge dalle pagine e coincide con l'uomo: è la preoccupazione del mondo che porta a scrivere e la pietas si insinua nei versi, quasi un'ombra cercasse di dare riparo. Autore riconoscibile e maturo, ne "I nomi delle cose" crea un sistema chiuso con il lettore, in cui il diaframma della scrittura è facilmente penetrabile per chi sa riconoscere i segni di una fragilità umana da tenere cara e proteggere, cosa questa mai scontata.» Nota di Ivan Fedeli.