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"La poesia di Rienzi si è sempre mossa, o se si vuole, ha sempre tremato su un bilico, su una linea di confine. Confine è qui parola tematica, metafora che apre i due mondi. Da un lato l'ironia, intesa come lezione del freddo, filtro della mente che sorveglia la distanza, a volte anche dissimulazione e tono basso del versificare. Dall'altro la stupefazione, che è il momento in cui il pensiero deve cedere, assottigliarsi o franare su se stesso, fino a coincidere con un suo nulla, come davanti a una rivelazione" (dalla prefazione di Dario Capello). "'Partenze e promesse. Presagi' è libro verticale: tende all'alto partendo da un basso, viaggia con lo sguardo teso a un oltre che verrà, se verrà... È preoccupato per la vita, Rienzi, assume su di sé, come voce narrante, il peso etico di una rappresentazione figurale, cristologica: il poeta ha il compito di redimere, forse, sicuramente di consegnare un messaggio alla centesima scimmia, il suo pubblico, e idealmente il genere umano mutato inconsapevolmente e definitivamente, anche se il monte si è fatto troppo alto - come non pensare a Dante? - e i verbi rinunciano a significare, a rendere un senso al non essere" (dalla postfazione di Ivan Fedeli).