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Narratrice di metropoli, la recente narrativa italiana sembra aver dimenticato o cancellato la terra che tutti noi - chi più chi meno - ci portiamo nelle pieghe delle scarpe. In questo libro lucido e feroce, incantato e ilare, intessuto di ricordi e di invenzioni, Anna Belardinelli ci restituisce - come attraverso uno specchio spezzato e tagliente, magico e concreto - la parte di noi che ci siamo strappati via: la carne, il sangue, la terra, i semi di un mondo lontano da noi non più di una generazione. Quella che ci viene narrata è una realtà di abitudini dimenticate, di riti che ai nostri occhi smagati sembrano aver perso ormai ogni funzione, di radici che non sappiamo più riconoscere, di fantasmi che non possiamo limitarci ad irridere. Una realtà oscura eppure intimamente fertile, che non si lascia avvicinare frontalmente. Illuminati dalla scrittura severa e alta di Anna Belardinelli, personaggi e storie prendono infatti vita davanti a noi come ombre cinesi, evocati da uno stile che li anima e rese compatibili a se stesse da un gioco, un serissimo gioco della fantasia e della memoria.